C’era un tempo in cui mi sentivo profondamente connessa con la mia essenza e con la natura. In cui mi ero creata un rituale per celebrare ogni cosa, che per me avesse un significato.
Andare nel bosco nelle notti di Luna Piena, recitare mantra, accendere il fuoco, sedermi in silenzio, guardare il cielo stellato nelle notti di Luna Nera o anche semplicemente fermarmi e lasciarmi accarezzare la pelle dal vento o farmi riscaldare dai raggi del Sole, bere il mio bicchiere d’acqua e limone la mattina, seduta in balcone, aspettando che il mio corpo e la mia mente si risvegliassero lentamente dal torpore notturno.
Ora alcune di queste ritualità, con il tempo e con gli avvenimenti, sono svanite.
Negli ultimi tempi ho percepito la loro mancanza, ho sentito un vuoto intorno a me ed in me. Qualche giorno fa ero distesa su di un prato leggendo un libro, mentre gli uccelli cinguettavano e il sole mi riscaldava con i suoi raggi ancora deboli dall’inverno, mio figlio dormiva disteso, lì accanto a me, e poi mi sono resa conto che a volte conduco una vita, in cui la mia forza di volontà lascia spazio alle attenuanti; lasciando che prendano corpo e si manifestino come vere, creando una realtà che a me conviene.
Ed è stato in quel momento, in cui ho avuto un’epifania e mi sono resa conto di quanto stessi cercando e creando giustificazioni, piuttosto che ritrovare ciò che mi rendeva felice. In questo tempo di velata apatia, se vogliamo, ho cercato di lasciare che la responsabilità ricadesse sulle circostanze di fronte alle quali la vita mi ha messo.
Ma poi eccola che arriva, la verità. Le parole del mio maestro di Yoga hanno iniziato a risuonare nella mia mente e mi hanno aiutato, mi hanno spronato ad essere onesta con me stessa e a ricordarmi che ciò che conta, in ognuno di noi, è sempre la forza di volontà.
Anche se siamo stanchi, se tutto sembra mettersi nel mezzo, se desideriamo davvero qualcosa possiamo raggiungerla, solo se siamo disposti però ad investire tutta la nostra energia, la nostra forza, la nostra dedizione.
Ripenso a James Hillman e al suo libro „Codice dell’anima“. Tutti presto o tardi, abbiamo la sensazione che qualcosa ci chiami a percorrere una certa strada. Alcuni di noi questo „qualcosa“ lo ricordano come un momento preciso, una fascinazione, un insieme curioso di avvenimenti.
La vita ci offre sempre due strade, o forse più, ma siamo noi alla fine che decidiamo quale cammino intraprendere e a volte, per mancanza di fiducia in noi stessi o di forza di interiore scegliamo il sentiero meno arduo.
Ed è stato in quel momento che ho deciso di riprendere quel cammino, quelle ritualità, quelle abitudini che mi fanno sentire viva, che mi permettono di andare in profondità, di conoscermi, di ascoltarmi. E non a caso questa presa di coscienza così forte e rivelatrice si è manifestata proprio in questi giorni.
La notte più buia dell’anno si sta avvicinando, la notte prima della Luna Nera, Maha Shivaratri, quest’anno cade il 1 Marzo. È l’evento più significativo spirituale indiano. La grazia di Shiva, l’Adi Guru o il Primo Guru da cui ha origine la tradizione yogica indiana, viene celebrata. In questa notte l’energia del sistema umano aumenta naturalmente grazie alle posizioni planetarie. È un giorno in cui ricordarsi e prendere coscienza su cosa ci sia alla base della nostra esistenza. Nella tradizione induista si festeggia l’unione di Shiva e Parvati.
Il 14esimo giorno di ogni mese lunare, o giorno precedente la luna nuova, in India si chiama Shivratri. E Mahashivaratri, che si celebra tra febbraio e marzo, è quello che ha una grande forza ed importanza spirituale.
In questa notte l’emisfero settentrionale del pianeta si trova in una posizione che favorisce l’aumento di energia in tutti noi. Ed è per questo che in India si festeggia durante tutta la notte rimanendo svegli con la colonna vertebrale in verticale, così da favorire l’aumento delle energie.
Non mi definisco induista, ma mi piace lasciarmi ispirare dalle tradizioni ed esplorarne il simbolismo, il significato, l’essenza per poi canalizzare le mie energie. Desidero alimentare quelle fiamme che ardono dentro di me, dare nuovamente spazio a ciò che mi faceva star bene, lasciando andare le scusanti, senza colpevolizzare niente e nessuno, nemmeno me stessa, per aver abbandonato ciò che alimentava il mio fuoco interiore.
Perché quel fuoco è sacro. È magia, è forza naturale, è luce, è trasformazione, è crescita. Può accadere di perdersi, ma la meraviglia sta proprio nel ritrovarsi, nel riabbracciare quella scintilla che muove la nostra energia vitale, la nostra energia interiore per poi lasciarle spazio di esprimersi e di esprimerci nella nostra essenza e verità.
E anche quando l’oscurità ci avvolge nella sua totalità, ci pervade ovunque, ciò che possiamo fare è accoglierla.
Perché è nel grembo di questo vasto vuoto che è avvenuta tutta la creazione.
La notte più buia del mese, è un’opportunità per dissolvere la propria limitatezza, per sperimentare l’illimitatezza della fonte della creazione che è il seme in ogni essere umano, per poi rinascere e alimentare quel fuoco sacro dentro di noi che è l’unione tra il mondo visibile ed invisibile.